I social media hanno evidenziato, sarebbe meglio dire sottolineato ancora, con la immediatezza che li contraddistingue, l’importanza della gestione dei contenuti.

Quali sono, e con quali criteri devono essere sviluppati, articolati e diffusi, i contenuti da veicolare per animare gli strumenti, che sono stati identificati e scelti (Facebook, Twitter, ecc.)?
Che siano attrattivi, interessanti e pertinenti per il target, che debbano rappresentare una chiara utilità, in qualche modo un valore, in fondo l’abbiamo sempre saputo. Proprio per questo tipo di modalità di comunicazione, si è evidenziato come questi debbano far parte di una content strategy, (letteralmente l’impostazione programmatica di quali contenuti, in quali forme, su quali strumenti, promuovere) ossia di un pensiero logico a monte, che interpreta i social media come ‘strumenti’ appunto, attraverso i quali comunicare messaggi che devono avere un definito obiettivo strategico (incrementare le vendite? migliorare la reputazione? incrementare i follower?). I contenuti, dunque, devono essere differenti per target e per canale (anche se ti chiami Ferrero non puoi mandare con successo lo stesso filmato pubblicitario sia su tv che su YouTube). Ciò vuol dire che quando si scrive su una pagina Facebook devi ricordarti che sei su Facebook (un certo tipo di utenti, con ritmi, curiosità e adesione specifici) e non sei su Twitter (altro tipo di utente, comunque, con un’altra modalità di fruizione dello strumento, dunque altre esigenze).


Agire, ancora meglio reagire

Gli strumenti sono nuovi, innovativi e con un tasso di evoluzione (quindi trasformazione) incredibile, ma mai come ora i “vecchi” principi del marketing sembrano essere validi: conosci il tuo target, studia il suo comportamento, cogline desideri e bisogni e quindi – solo dopo averlo ascoltato – agisci (meglio: reagisci). Il mondo virtuale dei social media sembra aver ampliato eccezionalmente le possibilità di applicazioni di tali regole che, ora, non stanno più nei pochi binari che conoscevamo in passato. Prima i modelli erano pochi e testati, oggi sono tanti, ”errati, qualcuno utile” dice qualche esperto: i dati che possiamo raccogliere sul nostro cliente, infatti, si sono esponenzialmente moltiplicati, ma la quantità e la velocità di identificazione del profilo non comporta automaticamente l’individuazione delle motivazioni che lo spingono ad agire. In sostanza, il tema vero è che la mole di dati non porta automaticamente a identificare il bisogno di quell’individuo, nemmeno del gruppo a cui appartiene. Tutto ancora ruota sulla capacità – che è nell’uomo di marketing- di identificare l’assunzione di fondo sul vecchio e sempre valido consumer insight (il bisogno vero del cliente), a cui quei dati ora possono finalmente dare una risposta puntuale e non approssimata come in passato. Il cerchio diventa virtuale, dunque: più conosco (con corrette assunzioni di fondo) il cliente, più mi è facile interagire con lui, secondo gli obiettivi che ci si è proposti.


La trasparenza

Ormai, è stato più volte sottolineato, siamo oltre il web 2.0. Non è più condivisione quanto interazione. Reciprocità e informalità, in tempo zero. Con un impatto significativo sull’organizzazione sia in termini di persone che lavorano, ‘digitando’ sui social, sia in termini di risposte da fornire al cliente (una disfunzione, per esempio, di un prodotto, denunciata sulla pagina FB dell’azienda, richiede la capacità di dare una risposta di contenuto tecnico, quindi ci deve essere un canale interno aperto e immediato).
Quest’aspetto ci porta direttamente a un altro tema caldo dei social media oggi: la trasparenza. Perché se non è più condivisione ma interazione, se non ci sono più barriere fra dentro e fuori, è ovvio che il tema della trasparenza arriva consequenzialmente. Non in termini di obbligo a svelare chissà quali segreti aziendali, molto più semplicemente nella necessità di fornire risposte adeguate a ciò che accade e a ciò che in rete (anche fuori dalla rete) si dice. Se l’azienda ha riscontrato un malfunzionamento di un prodotto se ne parlerà sicuramente e la rete moltiplicherà queste voci: la trasparenza sottolinea l’opportunità di offrire un’adeguata spiegazione. Gli esperti di Social media dicono, infatti, che “l’engagement (cioè il coinvolgimento) del pubblico non può essere controllato, puoi lavorare per farlo diventare partecipazione attiva”. Clienti e non, i concorrenti partecipano soprattutto nel web, dove senza pareti c’è davvero scarsa possibilità di nascondere (la storia ci dice anche fuori dal web: cambiano solo i tempi della ‘scoperta’). Ecco il senso della trasparenza riaffermata dai social media: molto meglio interagire, spiegando le motivazioni, fornendo il supporto, magari anche chiedendo un aiuto.
In questo senso i social media sono davvero un’occasione per tutti, anche per chi non è direttamente attivo. Rappresentano, infatti, una piazza molto interessante e accessibile dove i consumatori – di un prodotto o di una categoria prima ancora di un marchio – si ritrovano a commentare, discutere, confrontarsi in occasioni aperte e fruibili. Si possono identificare ‘quelli che contano’, quelli che, se dicono, giudicano, commentano, in qualche modo segnano il trend.
Nella piazza virtuale, si può facilmente monitorare la reputazione di un marchio, il successo o insuccesso di un prodotto, ma anche le aspettative, i desideri, magari non ancora soddisfatti in quel settore. Un’opportunità davvero per l’azienda attenta.


Tra noi e i Social: qualche suggerimento spiccio…

1. I social media non sono casa tua. Sei un ospite. Ci sono regole che non fissi tu. Conoscile per usarle al meglio. Magari come anticamera per portare le persone davvero a casa tua (il tuo sito, la tua showroom).
2. I Social Media sono uno strumento: in quanto tale devono essere considerati all’interno di una strategia di comunicazione e marketing. Avviare una pagina Facebook, fare un video tanto per fare, è un dispendio senza senso di risorse e tempo, la cui inutilità lascia comunque una traccia perenne in rete.
3. Chiarisci le risorse, gli obiettivi e i contenuti con cui vuoi andare in rete. Stai pronto a misurarne l’efficacia e quindi a modificare le azioni. Identifica, prima, cosa ti aspetti e poi struttura un sistema di misurazione adeguato per quelle che sono le tue esigenze e obiettivi.

Vuoi una pagina Facebook che attragga i tuoi clienti per mantenere viva una base da coinvolgere anche per altre attività off line? Preparati a essere editore di contenuti pertinenti, coinvolgenti, con rilasci periodici. Pronto a gestire le lamentele e le critiche, non solo i ‘mi piace’. Prova, sperimenta e monitora!
Vuoi diventare un produttore di video su Youtube come tutorial del buon utilizzo dei sistemi che offri? L’utilità, come la sorpresa, la curiosità, il divertimento sono filoni tematici di forte interesse per Youtube. Saranno poi lo share, le visualizzazioni a dirti se i tuoi video hanno saputo cogliere – e in che modo – l’attenzione del target.

… ci sono tanti altri social media: la regola resta la stessa. Sono strumenti, devono essere funzionali al piano strategico che hai disegnato, ne devi rispettare le peculiarità.

Si ringrazia per il contributo
Alessandra Tacconelli
consulente marketing e comunicazione

atacconelli@hotmail.com