L’Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio Astronomico di Trieste ha scelto la strada della multimedialità per rinnovare il percorso espositivo della specola di Basovizza. Grazie alla positiva collaborazione tra i responsabili della specola e il system integrator 4DODO, e con il contributo determinante delle videoproiezioni Panasonic, oggi i visitatori possono godere di un percorso interattivo, avvincente e, come vedremo, spettacolare. 


La specola di Basovizza è una delle tre sedi in cui si articola l’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste: porta il nome di Margherita Hack, che la fece costruire negli anni Sessanta e vi lavorò per molti anni. Oggi la specola non è più utilizzata per osservazioni a carattere scientifico, ma mette il proprio telescopio a disposizione di visitatori e scolaresche, mentre al piano terra ospita un percorso espositivo dedicato alla storia dell’astronomia. 

Nato nel 1998 come museo tradizionale, il museo della specola di Basovizza ha recentemente cambiato volto, scegliendo la strada della multimedialità: il cuore dell’esposizione è oggi una strabiliante proiezione anamorfica, realizzata con videoproiettori Panasonic, che trasforma un grosso plinto in cemento, posto al centro della sala, in una teca virtuale dentro la quale ruota, tra le altre immagini, la riproduzione tridimensionale di un telescopio storico.

La multimedialità e l’ingegno del system integrator hanno trasformato quel grande parallelepipedo in cemento da elemento di disturbo a protagonista assoluto del percorso museale.

Ne parliamo con Giulia Iafrate, Responsabile delle attività di didattica e divulgazione dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste e Stefano Vidoz, CEO e Technical Director di 4DODO srl.



La sfida: un museo in cui il reale dialoga con il virtuale 

Parliamo con Giulia Iafrate, responsabile delle attività di didattica e divulgazione dell’Osservatorio Astronomico di Trieste, e le chiediamo innanzitutto di spiegarci che cos’è una specola. «In ambito astronomico – ci spiega – con specola ci si riferisce al classico edificio con il tetto a forma di cupola che contiene il telescopio: il tetto ha una fenditura che gli permette di aprirsi, così che il telescopio possa puntare direttamente verso il cielo. Il piano inferiore della specola di Basovizza, che in passato custodiva attrezzatura tecnica, oggi ospita un museo dedicato all’osservazione astronomica». La destinazione museale e divulgativa della specola Margherita Hack risale al 1998 e la sfida di cui ci occupiamo in questo case study riguarda proprio il rinnovamento degli spazi espositivi del piano terra della specola.

Al centro della sala, quando vi si accede, grazie a una proiezione in mapping, si ha l’illusione che vi sia un telescopio reale all’interno di una teca.

«Essendo stata allestita alla fine degli anni Novanta – dice Giulia Iafrate – la mostra aveva un’impostazione molto classica: c’erano teche che contenevano libri e strumenti antichi, i primi computer in dotazione all’Osservatorio, alcune foto e pannelli esplicativi stampati e appesi alle pareti. Un’esposizione affascinante, insomma, che però iniziava a sentire il peso degli anni. Volevamo quindi riqualificare la mostra e renderla più accattivante; inoltre ci interessava poter variare i contenuti a seconda del pubblico (una scuola elementare o una scuola superiore, per esempio). Una difficoltà ulteriore era data dal fatto che lo spazio circolare che ospita la mostra non solo è piuttosto piccolo, avendo un diametro di circa otto metri e mezzo, ma ha tutta la parte centrale occupata da un plinto in cemento armato di 3 metri di lato, che fa da basamento al telescopio del piano di sopra: una sfida nella sfida». 


Tra le sfide c’era la gestione di un plinto in cemento armato al centro dello spazio. L’idea è stata fare una scansione tridimensionale di un telescopio storico e proiettarla sul plinto di cemento. L’elemento d’ostacolo è diventato il cuore della mostra. – G. Iafrate


È qui che entra in scena 4DODO, che con una trovata ingegnosa trasforma l’ostacolo in una risorsa. «Parlando con i professionisti di 4DODO delle varie sedi in cui è articolato l’Osservatorio Astronomico di Trieste, abbiamo raccontato loro che, nella sede cittadina, c’era un bellissimo telescopio storico, che non poteva essere spostato e che, nella sala in cui si trova attualmente, non è visitabile; a questo punto loro ci hanno proposto un’idea che definirei geniale: fare una scansione tridimensionale del telescopio storico e proiettarla sul plinto di cemento della specola di Basovizza, trasformando quest’ultimo, grazie a un’illusione ottica, in una teca virtuale». In questo modo, quello prima che era solo un elemento di disturbo al centro della mostra è diventato il centro della mostra, la sua principale attrazione.

Facciamoci raccontare dal system integrator come è stato possibile ottenere questo risultato e come i proiettori Panasonic abbiano contribuito alla riuscita.


La proiezione è il cuore del museo della Specola. Il grande parallelepipedo in cemento posto al centro dello spazio da elemento di disturbo diventa protagonista del percorso museale.

La soluzione: la multimedialità come chiave per un museo flessibile e accattivante

A Stefano Vidoz, CEO e Technical Director di 4DODO srl, chiediamo innanzitutto di parlarci del loro team di creativi. «4DODO – spiega Vidoz – è un team di creativi e sviluppatori di contenuti che nasce nel 2016 ed è specializzato nell’entertainment, nell’accezione che ha questa parola nel mondo anglosassone: la nostra mission consiste nel creare esperienze immersive e interattive per musei, teatri, parchi di divertimento e qualsiasi altro luogo possa trarre vantaggio da installazioni multimediali. Il grande vantaggio competitivo che possiamo offrire ai clienti è quello di riunire in un unico team diverse figure professionali (creativi, programmatori, tecnici), il che ci permette di proporre un’esperienza di intrattenimento costruita su misura dal primo all’ultimo passo: dall’idea allo sviluppo del concept, dalla creazione dei contenuti multimediali alla definizione del progetto tecnologico (audio, video, luci, interattività), dal sistema di gestione all’installazione vera e propria. Ci occupiamo anche della formazione dell’utente, affinché sia in grado di utilizzare al meglio le installazioni, e forniamo supporto nel processo di marketing e comunicazione».


La Specola vista dall’esterno. 

Il tema della formazione dell’utente finale, ci sembra particolarmente interessante e lo diciamo a Stefano, che risponde riagganciandosi alla Specola: «Si tratta di un tema per noi assolutamente centrale: le installazioni multimediali, specie quelle molto complesse dal punto di vista dell’installazione, hanno sempre due anime: da un lato c’è l’integrazione, dall’altro c’è l’utilizzo del prodotto da parte dell’utente finale che, salvo rari casi, non è un tecnico: se il sistema di gestione non è user friendly, o se l’utente non è stato formato adeguatamente, è probabile che l’installazione non sia utilizzata al meglio delle sue potenzialità. Giulia Iafrate, così come tutto il personale di INAF Trieste, sono stati da questo punto di vista molto recettivi, tanto che oggi sono in grado di gestire la multimedialità del museo in modo del tutto autonomo, modificando e aggiornando i contenuti a seconda delle diverse esigenze».

Veniamo ora alla specola e alla spettacolare proiezione anamorfica che la caratterizza.


Effetto “wow!”: proiezione anamorfica in mapping

«Il visitatore della specola – spiega Vidoz – accede alla mostra da un corridoio piuttosto stretto, nel quale si trova l’area di benvenuto. Alla propria destra gli ospiti hanno uno schermo che riproduce immagini dedicate alla storia dell’astronomia, mentre alla propria sinistra, dietro il banco della reception, possono ammirare una grande videoproiezione in portrait, di 4,5 x 6 metri, realizzata mediante un videoproiettore Panasonic PT- MZ880WE, che propone messaggi di benvenuto personalizzabili alternati a video. Compiuti pochi passi, si raggiunge la porta che collega l’area di accoglienza alla mostra vera e propria, ma non la si varca subito: il visitatore è infatti invitato a sostare in un punto preciso del corridoio e a osservare, attraverso la porta, il basamento posto al centro della specola, ed è in questo momento che egli pronuncia il primo “wow!”; al centro della sala egli vede infatti un’enorme teca, dentro la quale ruota uno splendido telescopio storico. Il secondo “wow!” viene pronunciato di solito dai visitatori quando, avvicinandosi alla teca, scoprono che essa in realtà non esiste, così come non esiste il telescopio al suo interno: si tratta infatti di una perfetta illusione ottica (tecnicamente parliamo di anamorfismo), ottenuta proiettando immagini in mapping su due delle pareti del basamento. Anche queste proiezioni sono realizzate con due Panasonic PT-MZ880WE, con ottiche ET-ELW22 da 0,8:1».


Per la proiezione anamorfica la difficoltà non è tanto il mapping, quanto il bilanciamento dei colori e delle ombre, fondamentali per creare l’illusione; per questo è stata fondamentale la precisione colorimetrica dei videoproiettori Panasonic – G. Iafrate


Chiediamo a Stefano Vidoz quali sono state le difficoltà principali nel realizzare l’anamorfismo. «Due videoproiezioni distinte – ci spiega Vidoz –, devono lavorare insieme per creare l’illusione di un’unica teca e di un unico oggetto al suo interno: la difficoltà in questo caso non è tanto il mapping, quanto il bilanciamento dei colori e delle ombre, fondamentali per creare l’illusione; in questo ci ha aiutato la precisione colorimetrica dei videoproiettori Panasonic. Se si osserva la proiezione dalla giusta prospettiva, ovvero dallo sweet spot che si trova nel corridoio di ingresso, l’impressione di realtà è totale e questo anche grazie all’attenzione che abbiamo posto alla texture nel momento in cui abbiamo eseguito la scansione del telescopio storico». Stefano Vidoz conclude sottolineando che la videoproiezione, rispetto alla riproduzione di contenuti su ledwall, ha una grana particolare che la rende ancora più autentica.


Nell’immagine la descrizione tecnica dell’installazione centrale. Per quanto riguarda la proiezione è stato previsto l’utilizzo di Panasonic PT-MZ880WE con ottiche ET-ELW22 da 0,8:1. 

Un percorso interattivo e personalizzabile

L’anamorfismo funziona, come abbiamo visto, solo se si osserva il plinto di cemento dalla giusta prospettiva: per questo, una volta che il gruppo di visitatori è entrato nella sala, i due videoproiettori modificano il proprio contenuto e riproducono, lavorando ora in sincrono ora individualmente, immagini e video dedicati alla storia di INAF Trieste e altre immagini.

Tutto attorno al basamento si sviluppa il museo vero e proprio, nel quale si ha una continua interazione tra realtà e multimedialità. Ce lo spiega Giulia Iafrate con un esempio: «Tra i reperti più preziosi che possediamo ci sono due libri di straordinario valore storico come il Sidereus Nuncius di Galileo e il De Stella Nova di Keplero in edizione originale; li custodiamo dentro teche di vetro con controllo di temperatura e umidità, accanto alle quali abbiamo posizionato due leggii touch, che permettono alle persone di sfogliare la versione digitale dei volumi. È questa la logica che caratterizza tutto il percorso espositivo: interazione continua tra reale e multimediale. Per esempio, abbiamo scelto di non mettere in nessun punto della mostra cartelli o tabelloni cartacei e di affidare tutto a schermi e tablet che le nostre guide possono aggiornare in tempo reale, adattandole al tipo di pubblico o anche a specifiche domande fatte al momento: tutto questo è possibile grazie ai preset molto semplici ed efficaci creati per noi da 4DODO».


La grande proiezione nell’area di benvenuto, di 4,5 x 6 metri, realizzata mediante un videoproiettore Panasonic PT-MZ880.

«Una delle cifre distintive del nostro modo di lavorare – conferma Stefano Vidoz – è proprio l’attenzione nel fornire all’utente finale un sistema di gestione estremamente user friendly, basato sul software di nostra creazione 4U system: grazie a un gran numero di template, preset grafici personalizzabili, molto semplici da richiamare, gli schermi e le proiezioni del museo possono lavorare tutti in sincrono, oppure a gruppi di due o tre, oppure ciascuno in modo indipendente, a seconda dell’esigenza del momento».


La scelta di Panasonic e i dettagli tecnici dell’installazione

Abbiamo chiesto a Stefano Vidoz perché, sia per la proiezione anamorfica sia per quella che accoglie i visitatori all’ingresso, la scelta sia caduta su Panasonic. «I motivi – risponde – sono diversi: innanzitutto la precisione colorimetrica che, come abbiamo detto, è fondamentale per la perfetta riuscita dell’anamorfismo; inoltre Panasonic offre un parco ottiche molto ampio e garantisce affidabilità a lungo termine; un altro motivo della scelta è la tecnologia digital link, sviluppata da Panasonic sulla base del protocollo HDBaseT, che permette di trasmettere i contenuti e gestire il videoproiettore (accensione, spegnimento, diagnostica eccetera) tramite un unico cavo. C’è infine un’ultima ragione della scelta, che ha a che fare con il marketing, sia dell’utente finale sia del system integrator: la tecnologia 3LCD utilizzata dai proiettori Panasonic, infatti, fa sì che le installazioni possano essere fotografate senza che nelle foto si verifichino l’effetto ‘arcobaleno’ e lo sfarfallamento che invece possono presentarsi con le proiezioni basate sul sistema DLP; ciò è particolarmente importante in un museo di forte richiamo come quello della specola di Basovizza, che viene spesso fotografato dai visitatori o dai giornalisti».

I tre videoproiettori Panasonic sono stati montati su staffe a bandiera, realizzate su misura dai tecnici di 4DODO, mentre tutta la restante tecnologia è appesa a un’americana che percorre il perimetro del soffitto. 

4DODO ha realizzato anche l’intera infrastruttura di gestione che prevede, per la riproduzione dei contenuti, due media server: main e backup. «È stata l’esperienza accumulata creando installazioni per le grandi navi da crociera – dice Vidoz –, a insegnarci quanto sia importante la ridondanza dei sistemi di gestione, in modo che non ci siano mai interruzioni di servizio: questo vale a maggior ragione per la specola, che è attiva quasi sempre nelle ore serali e notturne e durante i fine settimana».



La soddisfazione dell’utente finale e progetti futuri

Al termine della sua intervista, Giulia Iafrate di INAF ha espresso grande soddisfazione sia nei confronti di 4DODO sia per quanto riguarda la resa delle videoproiezioni, e ci ha svelato un’idea che riguarda il futuro. «C’è un progetto, quasi un sogno, che mi piacerebbe poter realizzare: al piano superiore, infatti, la nostra specola è coperta da una cupola di otto metri di diametro, che sarebbe perfetta per proiettare il planetario: potremmo utilizzare la proiezione nei giorni in cui il tempo è nuvoloso e non consente l’osservazione diretta del cielo, oppure per mostrare ai visitatori specifici fenomeni celesti: mi piacerebbe realizzare questo progetto insieme ai professionisti di 4DODO». ■


BOX – GLI OSSERVATORI ASTRONOMICI NEL MONDO

La specola di Basovizza, come abbiamo visto, ha un diametro di otto metri: al piano superiore ospita un moderno telescopio di 60 cm di diametro, installato nel 2015 per soddisfare le esigenze dell’osservazione astronomica con il pubblico e le scuole e offrire una visione diretta dei corpi celesti, non mediata da dispositivi elettronici o schermi.

Giulia Iafrate, di INAF, ci ha spiegato che nel mondo esistono osservatori astronomici con specole che ospitano telescopi di varie dimensioni: da quelli piccoli che un appassionato può comprare e mettere in giardino o in terrazzo, fino a quelli utilizzati per la moderna ricerca scientifica, che arrivano ad avere un diametro dello specchio principale di oltre 10 metri.

Oggi nessuno dei grandi complessi di telescopi utilizzati per la ricerca scientifica di punta si trova nell’Europa continentale e il motivo è che i telescopi utilizzati dagli scienziati sono così grandi, costosi e complicati che, per ammortizzarne il costo, devono essere utilizzati tutto l’anno e costruiti in luoghi privi di inquinamento luminoso. I luoghi adatti, lontani dalle luci artificiali e con il cielo sereno 365 giorni all’anno, sono pochissimi: le Ande cilene, i vulcani spenti delle isole Canarie e Hawaii, l’Antartide e pochi altri. Per questo motivo la specola di Basovizza è stata destinata alla divulgazione e il suo vecchio telescopio sostituito con uno più moderno, adatto per un pubblico generico.”


Persone intervistate

Giulia Iafrate, Responsabile delle attività di didattica e divulgazione dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste.

Stefano Vidoz
CEO e Technical Director di 4DODO

Link utili

oats.inaf.it | 4DODO.com | eu.connect.panasonic.com/it