Dai primi strumenti a indice ai misuratori di campo touch screen di oggi, passando per le fiere di tutto il mondo. Rover ha festeggiato i 40 anni dalla sua fondazione: i passaggi salienti che hanno caratterizzato l’operato di un’azienda che si distingue per capacità strategica di prospettiva.
Quando una società del calibro di Rover raggiunge i quarant’anni di attività, si prova quasi un senso di vertigine quando ci si ferma un attimo a pensare quante cose sono state fatte. Per ripercorrere i passaggi fondamentali che hanno caratterizzato l’azienda dai primi anni ’70 ad oggi, abbiamo raccolto le impressioni dai personaggi che hanno contribuito al suo successo. Partendo dal suo fondatore, Edoardo Romano, abbiamo chiesto a lui e ai suoi collaboratori di fermare il tempo per pochi istanti, e lasciare spazio al ricordo dei tanti momenti che hanno scritto 40 anni di storia di questa azienda, con una riflessione sulla prospettiva futura.
Il fondatore Edoardo Romano
«Il mio viaggio nel mondo della televisione è iniziato con l’età adolescenziale quando, per sei anni, ho riparato i televisori di allora, che erano a valvole – ci racconta Edoardo Romano, fondatore della società. Allora gli installatori d’antenna erano anche e soprattutto riparatori di televisori, sapevano usare l’oscilloscopio a tubo catodico. I misuratori di campo di allora erano a valvole, non potevano visualizzare le immagini perché il cinescopio consumava troppa corrente; per valutare il segnale televisivo erano dotati soltanto di una lancetta. Si parla di anni nei quali anche riparare un televisore non era facile e il concetto di formazione non era per niente radicato come invece lo è oggi; non solo, allora l’installatore era sempre anche proprietario dei misuratori che utilizzava e per forza di cose, sul campo, imparava a conoscerli nel dettaglio. Successivamente sarebbero arrivati i televisori a transistor e, con loro anche i misuratori di campo dotati di batteria, in grado di poter visualizzare anche le immagini. La Rover l’ho fondata agli inizi degli anni ’70: esattamente era il 1972 e i soldi erano davvero pochi, ho iniziato costruendo i primi amplificatori d’antenna e i centralini, per poi passare nel tempo agli strumenti di misura e arrivare, infine, agli impianti specifici per il broadcast. Sono stati anni di intenso lavoro: hanno aperto la visione a nuovi orizzonti anche perché, alla fine degli anni ’80 è arrivata la televisione satellitare. Una nuova era che ha reso ancor più indispensabile l’uso del misuratore di campo. Basta ricordare le parabole di grande diametro. Ricordo un passaggio a noi fondamentale del 1988: allora vincemmo una gara internazionale per la fornitura di 40 stazioni sat professionali con parabola da 4 metri da installare presso i più importanti centri trasmittenti Rai. Devo ringraziare la lungimiranza degli ingegneri Giannini e Giovannietti di Rai perché ci mise in condizione di presentare apparati pienamente rispondenti al loro capitolato. Ma sono davvero numerose le persone di Rai che ci hanno fornito il loro aiuto».
Verso il mondo satellitare
«Erano anni nei quali Rover produceva numerosi filtri di canale, centralini, set top box, ecc. – prosegue Edoardo Romano. Proprio in quel periodo, è nata l’anima broadcast della società, su spinta dell’allora direttore del TG1 Massimo Rendina che, venuto a conoscenza dei ricevitori sat 1 da Rover, decise di far visita alla nostra azienda. Rimase colpito dal nostro operato e ci propose di collaborare con i laboratori del Centro Ricerche RAI di Torino, mettendoci a disposizione gli strumenti necessari a fornire un servizio professionale e a creare nuovi sviluppi tecnologici. Negli anni a seguire, sul territorio nazionale, lavorammo anche sulle zone che maggiormente soffrivano dei disservizi causati dalla cattiva ricezione del segnale analogico, intervenendo laddove i ponte radio presentavano delle anomalie oppure, in zone come ad esempio Lampedusa, dove il segnale ricevuto dalla Sicilia era affetto da problemi di fading. Ovviamente, la ricezione via satellite garantiva una maggiore stabilità di segnale a tal punto che pian piano questa soluzione prese sempre più piede».
Rover nel mondo
«Siamo stati sempre molto attenti ai mercati esteri – ci rivela Edoardo Romano. Ci sono stati momenti che, in due persone, abbiamo partecipato ad oltre 20 fiere in un anno, sparse per tutto il mondo. Sin dall’inizio, infatti, Rover si è occupata del mercato d’esportazione, partendo dai paesi vicini come la Francia, la Svizzera e la Grecia fino a coprire, via via, tutti gli altri paesi dell’Europa. Ci sono momenti, intorno alla metà degli anni ’80, che abbiamo esportato oltre l’80% del nostro fatturato. Anche all’estero il motore trainante è stato, inizialmente, la tv analogica che negli anni ha lasciato il passo a quella satellitare. Dall’Europa, pian piano, il raggio d’azione è diventato più ampio, fino ad abbracciare tutti i paesi a livello internazionale dall’Asia agli Stati Uniti, all’Africa e all’Oriente. Abbiamo anche sperimentato l’apertura di succursali all’estero, non ne siamo stati soddisfatti ma è stato utile per capire una cosa molto importante, tutt’ora valida: di affidare l’organizzazione commerciale dell’export a distributori locali».
Il rapporto con la U.S. Navy
«Potrei citare diversi casi di successo che hanno contraddistinto l’operato di Rover in questi 40 anni – conclude Edoardo Romano. Ne cito uno che potrebbe essere significativo e che ricordo con orgoglio: un’operazione eseguita negli anni scorsi, quando abbiamo fornito alcune centinaia di strumenti alla marina militare americana, la U.S. Navy, imbarcati poi su portaerei, navi e sommergibili».
Dall’hardware al software
«Sono oramai oltre 20 anni che opero in Rover – ci racconta Gino Salocchi, direttore commerciale estero. Quando ho conosciuto Edoardo Romano il mondo della televisione era tutto analogico e l’azienda andava incontro ad una metamorfosi epocale. Insieme a lui, quasi subito, ancor prima di far parte di questa grande società, abbiamo capito che per l’azienda era fondamentale iniziare un processo di digitalizzazione. Erano anni in cui precorrere il mercato significava iniziare a sviluppare software e digitalizzare i 1. Alla proposta di Romano, di iniziare un percorso professionale comune, ho risposto subito di sì e da lì è iniziata la mia avventura in Rover. La mia seconda sfida, poi, è stata quella di sviluppare i mercati; ho girato il mondo in lungo e in largo per mettere a punto un progetto di forte semina della tecnologia, con l’intento di non seguire ma di tracciare nuove vie di mercato».
Esportare tecnologia
«All’epoca non sia aveva ancora sentore di quanto fosse particolarmente complicato il digitale terrestre – prosegue Salocchi – e noi siamo stati i primi, ad esempio, a presentare nel 1998 uno strumento per la televisione digitale terrestre in Inghilterra. Anche in oriente, dove siamo stati considerati dei veri e propri pionieri tecnologici, soprattutto, nelle zone interne della Cina completamente inesplorate da aziende come la nostra e prive di ogni preparazione. Non è da meno l’esperienza e lo sviluppo del mercato americano: lì ci siamo trovati da piccola azienda italiana ad esportare tecnologia in un paese molto avanzato, evoluto e moderno come gli Stati Uniti. Allo stesso modo, diversi anni dopo, siamo stati in Sud Africa, dove personalmente ho condotto seminari di formazione, durante i quali mi sembrava di rivivere quanto riscontrato nell’esperienza anglosassone. Tutto un lavoro di divulgazione della conoscenza tecnologica che necessariamente portava l’azienda ad essere conosciuta nel mondo e alla quale inevitabilmente i paesi visitati si rivolgevano per l’acquisto di 1. Ora le cose vanno molto meglio, dagli errori si è imparato tantissimo e la tecnologia viaggi a livelli superiori rispetto al passato. Allo stesso modo, il nostro percorso non è ancora finito, perché l’azienda ha nel proprio DNA la passione per la ricerca e lo sviluppo».
Il mercato Italia
«Conoscevo molto bene Rover ancor prima di farne parte quando nel 2005 ho avviato un lavoro di organizzazione commerciale per in mercato interno – ci dice subito Massimiliano Guglielminotti, direttore commerciale Italia. Negli anni immediatamente precedenti al mio ingresso, l’azienda aveva iniziato un discreto sviluppo del mercato italiano, senza avere però al suo interno una struttura consolidata; a me è stato affidato il compito di creare una rete commerciale nel territorio nazionale, vista la mia esperienza maturata negli anni e la profonda conoscenza delle potenzialità dei clienti appartenenti a questo mercato. Naturalmente, sapevo di poter avere un’azienda competitiva alle spalle, con prodotti d’avanguardia da presentare sul mercato. Seguendo la pista della professionalità, ho cercato da subito di creare un gruppo di lavoro costituito da persone serie e preparate e ho dato voce alle richieste del mercato italiano, cercando di spingere quei prodotti che più di altri ne rispondevano alle aspettative, raggiungendo dei risultati importanti; oggi, infatti, siamo presenti sul territorio italiano con 11 agenzie. In tutto questo processo di sviluppo è stato forte l’apporto di Rover: negli anni ha sempre investito molto nell’innovazione; non passa anno, infatti, che non si cambi quasi completamente tutta una gamma di prodotti, per migliorare le prestazioni e la facilità di utilizzo».
I primi strumenti touch screen
Torna più vicino ai tempi nostri, Massimiliano Guglielminotti, ricordando l’Atom e il DIGICUBE: «Sono stati strumenti che, a partire dal 2010, hanno fatto registrare numeri importanti. Il DIGICUBE, nello specifico, ha rappresentato il primo misuratore di campo con schermo touch screen del mercato, un traguardo importante che ha confermato quanto Rover sia al passo con la tecnologia».
La presenza ai Road Show
«Sono le idee innovative a fare diventare vincente un’azienda – esordisce così Davide Fiore, responsabile vendite Italia. È un concetto semplice da comprendere, ma difficile da mettere in pratica: non per Edoardo Romano, però. Devo essere sincero, quando ho messo piede in Rover, nel 2006, ho fatto fatica a convincermi di dover rivedere il mio modo di intendere il mercato. Ho capito immediatamente dopo il mio ingresso che questa era una società dotata di uno spirito innovativo senza eguali. Oggi, posso dire che la nostra è un’azienda da studiare, per come ha contribuito a sviluppare il mercato e per quanto ha prodotto in modo pioneristico nei settori di riferimento. Personalmente, ho lavorato sul territorio nazionale in modo costante e assiduo, partecipando a tutte le tappe dei vari roadshow e meeting ai quali Rover era presente, dando vita a centinaia di incontri. Stare a contatto con le persone mi ha sempre appassionato e gratificato; inoltre, ho sempre creduto nei prodotti progettati da Rover, così da presentarli con entusiasmo e originalità. Di tutti questi anni potrei ricordare diversi aneddoti; ce n’è uno particolarmente simpatico, successo in alcune delle presentazioni fatte in giro per l’Italia: per confermare quanto fosse robusto un misuratore di campo Rover durante la presentazione lo facevo cadere a terra per poi riprenderlo, tra l’incredulità dei presenti, facendo loro notare che era ancora perfettamente funzionante. E non ho mai avuto dubbi sulla riuscita di questo esperimento, perché credo profondamente nell’affidabilità dei misuratori Rover, una prerogativa che mi dà serenità nel propormi in prima linea a presentarne le peculiarità. Rover oggi, dopo decenni di attività, è ancora un’azienda all’avanguardia; sono sicuro che in futuro continuerà ad aprire nuovi orizzonti di mercato come, da 40 anni orsono, ha sempre fatto».
Il software, l’anima degli strumenti
«Sono entrato in Rover immediatamente dopo essermi laureato, nel 2002 – ci racconta Andrea Pretelli, responsabile software e progettazione. In azienda, da subito, ho preso parte ad un gruppo di 5 tecnici che sviluppavano software per strumenti di misura. In seguito, ne sono diventato il responsabile occupandomi direttamente della progettazione e dell’intera gestione del prodotto. Un ruolo di estrema responsabilità se pensiamo che nel tempo mi sono interfacciato direttamente con i clienti principali per capirne le esigenze e svilupparne i 1, progettati su misura. Mi riempie di orgoglio soddisfare appieno una richiesta che proviene dai nostri clienti, grande o piccola che sia l’operazione da eseguire. Uno dei progetti più significativi, ad esempio, è stato quello eseguito con successo per l’inglese BSkyB; il suo sviluppo ha richiesto diversi incontri, che hanno portato alla progettazione dello strumento, rispondente a tutte le esigenze del cliente. Un processo complessivo durato quasi due anni: abbiamo realizzato il prodotto migliore per quel mercato di riferimento. Proprio in questi giorni, tra gli altri, è in programma un mio viaggio in Oriente, in visita ad un cliente che ha palesato esigenze di carattere tecnico e chiesto il nostro intervento. Rover è un’azienda che ha sempre messo lo sviluppo in prima linea offrendo, di conseguenza, l’opportunità di crescere a chiunque ne faccia parte. È uno dei must che compongono il DNA dell’azienda, e fa trasparire lo spirito innovativo con il quale è stata creata e sviluppata Rover dal suo fondatore, Edoardo Romano».
La progettazione e la produzione
«Quando sono arrivato in Rover, oltre 10 anni fa, mi sono occupato subito dell’assistenza tecnica – ci racconta Ivan Monese, responsabile marketing e progettazione di prodotto. Erano gli anni in cui Rover presentava al mercato la serie di misuratori di campo DL, prodotti basati prevalentemente sul software che hanno rappresentato una svolta per l’azienda e hanno cambiato il modo di concepire gli strumenti di misura. Ho seguito per anni la parte relativa al service fino ad arrivare, col tempo, a gestire la produzione, proprio quando sono stati prodotti Atom e DIGICUBE, che hanno registrato un riscontro più che positivo sul mercato. Attualmente, mi sto occupando della parte commerciale relativa al mercato sudamericano, oltre a prestare attenzione al consolidamento dei mercati già presidiati dall’azienda. Pensando a Rover, la cosa che mi preme sottolineare, ripercorrendo tutti questi anni di attività, è che l’azienda è sempre rimasta concentrata sul fronte della ricerca e sviluppo, al punto che la progettazione non è mai stata ferma un giorno e Rover ha presentato al mercato prodotti sempre innovativi. Da quando sono in questa azienda il mercato è cambiato notevolmente, complici l’evoluzione generale della tecnologia e la conseguente metamorfosi di alcune professioni. In questo processo evolutivo, ci tengo a sottolineare la proattività di Rover che ha sempre evidenziato ottime capacità strategiche concependo i prodotti per aprire nuovi canali di sviluppo».
Il marketing e la comunicazione
«Sono in Rover da quando avevo 18 anni – esordisce Loretta Signori – che lavora al marketing e alla comunicazione dei mercati esteri. Nel tempo ho assistito ad uno sviluppo aziendale continuo. Mi basta ricordare gli anni nei quali venivano organizzate almeno un paio di fiere al mese; non si faceva in tempo a rientrare in sede che si era di nuovo pronti a preparare le valigie e ripartire, per passare intere settimane all’estero. In alcuni casi si viaggiava, di fiera in fiera, senza nemmeno tornare in ufficio. Oggi, possiamo dire di essere stati in ogni angolo del mondo: dall’Australia agli Stati Uniti, passando per tutti i paesi asiatici, l’Africa e l’Europa. Abbiamo affrontato le varie problematiche che man mano di presentavano: prodotti da spedire e da sdoganare, allestimento degli stand, materiale smarrito, trasporto di valigie cariche di campioni, ecc.». «Le fiere – prosegue Paola Romano – hanno sempre rappresentato un buon termometro sull’andamento del mercato, nazionale ed internazionale. Con Loretta abbiamo seguito la parte organizzativa, a 360°. Io mi sono occupata degli eventi nazionali. Ricordo un anno in cui, la somma delle manifestazioni italiane e straniere ha superato i 25 eventi. Oggi, le cose sono cambiate, è mutato il modo di fare comunicazione e gli eventi ai quali partecipiamo sono più mirati. I ritmi di Rover sono sempre gli stessi, quelli non sono cambiati: c’è sempre tanto da fare; questo è il bello di lavorare in Rover».