Aprire un dibattito e fare un’analisi dei problemi locali specifici: questa la mission del roadshow di Eurosatellite RaiWay e Tivù che, tappa dopo tappa, hanno guidato per mano gli installatori ad affrontare al meglio il passaggio al digitale.
Dopo tre anni e quasi 60 incontri effettuati sul territorio nazionale, prosegue il Roadshow di Eurosatellite, RaiWay e Tivù, organizzato per agevolare la discussione sulle problematiche tecniche che hanno interessato l’Italia, prima e dopo il passaggio al digitale terrestre. Un’iniziativa importante per gli installatori e per i tecnici che operano dal lato trasmissione, utile a fare chiarezza e ad affrontare nel modo migliore la varie criticità emerse. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Bernacchi, responsabile didattico di Eurosatellite, con Michele Dalsass del Controllo Qualità Assistenza tecnica RaiWay e Mauro Ottonello dell’Ingegneria di Manutenzione RaiWay.
Fabrizio Bernacchi
Responsabile Didattico Eurosatellite
«Il passaggio al digitale terrestre ha comportato un cambio di mentalità – afferma Fabrizio Bernacchi – non solo da parte dell’utenza, ma anche dei tecnici che all’utenza devono in qualche modo fornire il servizio. Cambiano le regole per la Tv, cambia la canalizzazione, così come la tecnologia e lo scenario di tutte le reti, perché non si trasmette più come lo si faceva con l’analogico; da qui in avanti si farà uso delle reti SFN. Mutano, quindi, tanti aspetti fondamentali che i tecnici sono tenuti a conoscere, primo tra tutti lo scenario di ricezione e utilizzazione; e il cambiamento deve sensibilizzare anche l’utente, perché guardare la tv digitale non sarà lo stesso che guardare la tv analogica, aspetto del quale non tutti hanno preso consapevolezza. Ci sarà inevitabilmente una ‘maturazione digitale’ che avverrà nel tempo. Il digitale permetterà di ampliare la scelta dei programmi disponibili, la stessa rai ad esempio che trasmetteva i classici tre programmi si ritrova ad avere un ventaglio di 13 canali tematici, il che vuol dire non limitare lo zapping a pochi canali».
Gestione dei sistemi di ricezione e distribuzione
«Quando è partita l’avventura della transizione al digitale terrestre – ci confida Fabrizio Bernacchi – abbiamo notato, soprattutto nelle prime aree di switch off, che il grande errore era stato sottovalutare l’aspetto impiantistico. L’impianto oramai va concepito in maniera completamente diversa, altrimenti le difficoltà rimangono ed i problemi non si risolvono. Questo disagio e la mancanza di una comunicazione completa e trasparente ha dato vita all’idea di organizzare un lungo Roadshow. Eurosatellite è partita nel 2009 con una serie di tappe, insieme a Rai Corporate; successivamente abbiamo affiancato RAI WAY che ha contribuito a sviluppare questa operazione di Formazione/informazione tecnica verso il mondo dei tecnici. In questi anni, il Roadshow ha attraversato praticamente tutta la penisola, partendo da Cuneo e chiudendo il giro a Palermo, passando ovviamente anche attraverso la Sardegna».
A casa dell’installatore
«Abbiamo creato le condizioni per sviluppare tre concetti fondamentali: in primo luogo, un linguaggio tecnico comune perché capirsi, in questi casi, diventa fondamentale. Una misura interpretata in un modo o nell’altro, infatti, può voler dire cose completamente diverse, per cui il primo fattore che ha avuto bisogno di un allineamento è stato l’aspetto comunicativo; in secondo luogo, sviluppare la metodologia di misura, importante non solo per capire la funzionalità degli impianti ma anche per fare appello alla famosa ‘regola d’arte’; in terza battuta sviluppare, dal lato ricezione, il duale del lato trasmissione. Chi trasmette, infatti, mette tutto il proprio impegno per gestire bene la rete, ma se dall’altro lato non c’è qualcosa che gli si coniughi il più possibile, ovviamente le cose non vanno. Pertanto, piuttosto che pensare al digitale come qualcosa che ‘o si vede o non si vede’, sarebbe opportuno focalizzare l’attenzione su un concetto diverso e porsi sempre questa domanda: quando vedo che affidabilità ha il mio servizio? L’intento, dunque, è stato quello di ottimizzare tutta la catena per riuscire a dare un servizio affidabile e funzionale. In aggiunta, l’invito che Eurosatellite fa agli installatori è quello di dare il giusto peso al sopralluogo, un concetto oggi molto importante, oramai dimenticato dalla vecchia generazione che ha operato per lungo tempo sul fronte analogico dove oramai la situazione è stabile da oltre trent’anni. Un tempo era semplice, non c’era bisogno di alcun sopralluogo preventivo per decidere come fissare l’antenna a favore di ricezione. Oggi, con il digitale, le cose sono decisamente cambiate».
Bilancio numerico del Roadshow
Eurosatellite, insieme a Rai e RaiWay ha dato vita, in tre anni, complessivamente a 56 incontri sul territorio italiano, 37 di preparazione allo switch off e 19 di verifica post transizione. «Questo Roadshow ci ha portato ad incontrare mediamente circa 2.400 tecnici, i quali hanno realizzato qualcosa come 650.000 interventi sui sistemi di antenna – ci dice con soddisfazione Fabrizio Bernacchi. Ovviamente quest’ultimo è un numero destinato a crescere se pensiamo che la bonifica degli impianti avviene nel tempo. Ancora oggi, infatti, in aree dove lo switch off è stato fatto un paio di anni fa, si richiede l’intervento non solo per fare il nuovo impianto ma anche per bonificare il vecchio. Un’esperienza intensa, senza sosta, dettata dalla volontà di portare a casa dell’installatore uno stimolo che definirei culturale dal punto di vista tecnologico».
Michele Dalsass
Controllo Qualità Assistenza tecnica RaiWay
«Abbiamo
deciso di prendere parte a questo Roadshow perché ci siamo accorti, sin
dalle prime battute del passaggio al digitale, che si era investito
male sulla comunicazione – ci racconta Michele Dalsass del Controllo Qualità Assistenza tecnica RaiWay. Questo
ha generato non poca confusione nel momento in cui si è entrati
nell’operatività delle cose e sono emerse tutte le problematiche. Il
messaggio fatto circolare fino ad oggi, ‘Basta il decoder’, è stato
fuorviante sia per gli operatori del settore che per gli stessi utenti
finali. Sarebbe stato perfetto per una nazione come la Svizzera dove gli
impianti sono a norma, ma non in Italia. Nella nostra penisola
purtroppo, nonostante si sia passati dalla 46/90 alla 37/2008, esiste
ancora il fai da te, pertanto sono molti i disagi emersi nel momento in
cui il segnale analogico è passato dallo stato di on a quello di off.
Nello specifico la Rai, alla quale è stato assegnato il Mux1 dal
Ministero, ha registrato delle difficoltà di trasmissione; e il problema
è diventato di primo piano, proprio per il fatto che il servizio è
pubblico e la gente ha più aspettative dal momento in cui paga il
canone. Sono emerse tre problematiche principali: la prima, relativa a
diversi televisori che pur essendo muniti di decoder integrato hanno
evidenziato problemi con la ricezione in banda III; il secondo è legato
alle microinterruzioni: mentre nell’analogico si notano ma non
interrompono il programma in visione, nel digitale si oscura tutto per
alcuni secondi, a volte quelli più importanti nella sequenza di un film
oppure, come nel calcio, quelli che precedono l’azione del gol; la terza
questione è legata all’impianto talvolta troppo vecchio o al classico
cavo annodato che impedisce il passaggio della banda III come lunghezza
d’onda. Così è partito tutto un processo di formazione da parte dei
tecnici e d’informazione, da nord a sud, che ci vede ancora coinvolti».
L’importanza dell’impianto misto
«C’è un ulteriore disagio da evidenziare – continua Michele Dalsass – in
questo processo di transizione. È capitato che alcuni sindaci e
amministratori locali denunciassero l’impossibilità di ricevere i nuovi
canali, quelli aggiuntivi rispetto ai classici. Rai, insieme agli altri
operatori, ha preso parte al consorzio Tivù, per dare la possibilità di
ricevere tutti i canali attraverso la parabola anche alle zone poco
coperte. Anche in questo caso bisogna entrare nell’ottica di un cambio
di mentalità, sia da parte dell’utente che da parte dell’antennista. Un
operatore oggi deve anche saper consigliare l’installazione di un
impianto misto, terrestre per le tv locali e satellitare per vedere i
canali nazionali, soprattutto nelle zone che presentano disagi nella
ricezione. D’altronde, fare un impianto terrestre molto complesso
comporta lo stesso impiego che installare una parabola; anzi,
quest’ultima costa meno e fornisce un servizio di qualità. L’antennista,
quindi, deve essere propositivo, deve saper proporre anche
l’installazione della parabola. Oltretutto, oggi, nei nostri condomini
ci abitano persone di diverse etnie ed è importante ricordare anche che
l’articolo 4 del Decreto Ministeriale dell’11 novembre 2004 impone il
divieto di discriminazione nella distribuzione dei segnali alle diverse
utenze. In conclusione, l’antennista deve abbandonare l’idea, oramai
superata, di cambiare il minimo per far risparmiare; il messaggio
definitivo che gli installatori devono fare proprio è che la professione
sta cambiando».
Mauro Ottonello
Ingegneria di Manutenzione RaiWay
«Nel digitale terrestre le reti SFN sono complicate – esordisce Mauro Ottonello di RaiWay – quindi implicano un minimo di conoscenza: sapere ‘ottimizzare’ l’antenna, usare centralini di nuova tecnologia, conoscere bene i prodotti di questo nuovo mondo. Il Roadshow è servito soprattutto a fare chiarezza sulla situazione, ripercorrendo tutti i punti cardine che fanno parte dello switch off. Era anche un po’ doveroso, perché se da una parte c’è chi si occupa della diffusione di un segnale, dall’altra è fondamentale ci sia qualcuno che sappia fare da connettore con l’utente finale. E l’antennista oggi ha bisogno di essere accompagnato in questo processo d’innovazione tecnologica. Anche il solo fatto di aver concepito una rete SFN molto spinta, forse unica in Europa, può creare notevoli difficoltà. Basti pensare, ad esempio, alla città di Genova che ha 11 impianti trasmittenti sulla stessa frequenza, il che significa che si possono ricevere in un punto circa 7 segnali isofrequenza. Pertanto, informare gli antennisti su quali siano le problematiche da affrontare e come risolverle è quanto mai necessario. Anche perché si ritrovano da una parte ad avere a che fare con una situazione completamente nuova da affrontare dal punto di vista tecnico, mentre dall’altra aumenta la pressione dell’utente finale che il giorno dopo lo spegnimento del segnale analogico vuol vedere tutti i canali. D’altronde gli stessi tecnici RaiWay, quelli di Elettronica Industriale o chi si occupa del servizio da portare all’utenza, hanno dovuto maturare un’esperienza che non esisteva a livello mondiale, e questo ha portato da un lato ad incrementare la cultura tecnologica rispetto a certe applicazioni, dall’altra la necessità di risolvere dei problemi legati all’ottimizzazione di diverse aree sul territorio nazionale. La stessa costruzione della nuova rete SFN, infatti, non è stata progettata da zero, ma è stata adattata ad una rete già esistente. Pensiamo solo alle reti regionali, ad esempio, sulle quali stiamo effettuando un lavoro di trasporto dei segnali che partono da Roma,vanno verso le sedi, ritornano a Roma come centralità di diffusione, per ritornare poi tramite fibra o satellite ad ogni sede regionale. A questo aggiungiamo il fatto che l’SFN necessita di sincronizzazioni molto precise, per cui richiede per l’antennista lo sforzo di aggiornarsi, oltre che rinnovare la rete ed essere propositivo. Un cambio di mentalità radicale che probabilmente favorirà quello generazionale, dando spazio alle nuove leve».