Lo sviluppo del mercato generato dagli impianti di videosorveglianza ci impone di approfondire al meglio gli aspetti legati alla privacy e al diritto di riservatezza. Una nuova rubrica al servizio dei lettori.
Recenti
e drammatici fatti di cronaca hanno fatto comprendere al grande
pubblico quanto sia capillare e potenzialmente invasiva la presenza di
videocamere di sorveglianza non solo nelle grandi città o negli snodi
stradali principali ma anche nei piccoli paesi e nelle strade più
remote.
Questa ovviamente non è una sorpresa per gli addetti ai lavori che
negli ultimi anni hanno fatto ottimi affari trovando un filone che ha
saputo passare, anche tramite la riduzione dei costi e purtroppo dei
margini, da un utilizzo di videocamere di sorveglianza limitato a poche
sedi sensibili quali banche, enti, grandi imprese a una fase di
diffusione che ha riguardato non solo i locali pubblici e il piccolo
commercio ma anche i condomini e le abitazioni private.
Tutto fa ritenere che questo processo, accompagnato dalla crescita
esponenziale del bisogno di sicurezza sempre più presente nelle
preoccupazioni degli Italiani, non si arresterà assolutamente ma, al
contrario, sarà destinato a trovare ulteriore sviluppo anche grazie a
nuove modalità e sistemi tecnologici avanzati.
Il diritto di riservatezza
A fronte di ciò è evidente che le leggi e gli organismi dedicati al corretto svolgersi della vita sociale stiano ponendo ulteriore attenzione al rispetto dei diritti di riservatezza dei cittadini. Questa premura, si badi bene, non discende solo dalla necessità di garantire un generico diritto ma anche dalla giusta preoccupazione di prevenire utilizzazioni distorte delle informazioni raccolte dai sistemi di videosorveglianza; pensiamo, ad esempio, ai ricatti dei quali potrebbe venire fatta oggetto una qualsiasi persona filmata con regolarità quando passa in una strada o entra in uno specifico portone.
Tutto un altro tema poi è quello delle riprese effettuate sui luoghi di lavoro, ma tratteremo questo specifico e complesso argomento in un prossimo numero di Sistemi Integrati.
Il documento fondamentale
Dal
punto di vista normativo, il documento fondamentale dal quale
discendono sia le leggi Italiane sia tutti i successivi provvedimenti e
disposizioni regolamentari è la Direttiva 46 del 1995.
Parliamo di un testo che ha ormai 20 anni e che è stato concepito in
una epoca nella quale Internet era ancora agli albori e la dimensione
di una videocamera era immensamente superiore a quella che si potrebbe
avere oggi, ma tuttavia si può affermare che i capisaldi fondamentali
introdotti a suo tempo sono rimasti validi e non si vede al momento la
particolare necessità di intervenire a livello comunitario per
modificare l’alto il quadro normativo vigente.
In questo senso è stata certamente una scelta molto lungimirante
quella di imporre nella direttiva la creazione in ogni Paese europeo di
Autorità indipendenti con funzioni di controllo e regolamentari,
l’Italia ha così istituito con una Legge del 1996 il cosiddetto Garante
della Privacy: un organismo nominato dal Parlamento che svolge numerosi
compiti tra i quali quello di predisporre misure regolamentari sui temi
di propria competenza.
La prima indagine
Dopo
un primo periodo istitutivo e di rodaggio il Garante ha iniziato ad
incidere in maniera significativa sullo scenario normativo della
materia. Nel Luglio del 2000 è stata portata a termine la prima indagine
sulla presenza di telecamere visibili in Italia e nel Novembre dello
stesso anno il Garante ha emanato alcune linee guida mirate a garantire
che l’installazione di dispositivi per la videosorveglianza rispetti le
norme sulla privacy e sulla tutela della libertà delle persone. La
materia è stata poi ulteriormente disciplinata nel 2004 e nel 2010, anno
al quale risale il più recente regolamento della Autorità. In
particolare questo ultimo documento contiene prescrizioni vincolanti per
tutti i soggetti che intendono avvalersi di sistemi di
videosorveglianza e precise garanzie per la privacy dei soggetti i cui
dati vengano eventualmente raccolti e trattati tramite tali sistemi.
Una speciale attenzione è stata dedicata alle garanzie dei soggetti
che transitano in aree videosorvegliate e che hanno il diritto di sapere
se vi sono telecamere attive (sono ad esempio sempre obbligatori i
cartelli informativi, salvo nel caso di telecamere installate a fini di
sicurezza pubblica).
Inoltre, sono stati prescritti limiti per la conservazione dei dati
raccolti tramite telecamere e videosorveglianza, che può superare le 24
ore solo in talune circostanze (indagini di polizia e giudiziarie,
sicurezza degli istituti di credito, altri casi particolari).
Il decalogo del Garante
Come
si vedrà scorrendo il decalogo predisposto dal Garante, vi sono
indicazioni molto stringenti alle quali è indispensabile attenersi per
evitare sanzioni che possono essere anche salate.
In questa sede non potremo soffermarci a commentare in dettaglio gli
adempimenti, ma giova segnalare che per esperienza è facilmente
riscontrabile come alcune disposizioni vengano piuttosto frequentemente
disattese. Ricordiamo che il mancato rispetto delle norme porterebbero a
notevoli problemi non solo nel caso di controlli mirati, ma anche
qualora questi riscontri dovessero essere casuali o derivanti da
situazioni collaterali.
Immaginiamo ad esempio il caso nel quale, a seguito di una indagine
penale per un fatto avvenuto nella zona gli inquirenti si rivolgano a
tutti i proprietari di sistemi di videosorveglianza; certamente
nell’immediato potrebbe essere un vantaggio per le Forze dell’Ordine
avvalersi di riprese effettuate in maniera non corretta (o conservate
per un tempo superiore al consentito), ma questo non esonererebbe gli
operatori dal mettere a verbale la illegalità dell’impianto.
Saremmo quindi nel parziale paradosso per avere, sia pure
irregolarmente, consentito di scoprire l’autore di un reato! È
necessario quindi fare molta attenzione e ricordare sempre che il
principio che sta alla base della direttiva e dei provvedimenti
nazionali che la completano è quello della proporzione tra mezzi usati e
finalità per le quali si fa ricorso a sistemi di videosorveglianza.
I “Dieci comandamenti della videosorveglianza” fissati dal Garante della privacy
1. Occorre chiarire gli scopi che
si intendono perseguire e verificare se sono leciti in base alle norme
vigenti: se l’attività è svolta, ad esempio, per prevenire pericoli
concreti o specifici reati, occorre rispettare le competenze che le
leggi assegnano per tali fini solo a determinate amministrazioni
pubbliche;
2. il trattamento dei dati deve avvenire per scopi determinati, espliciti e legittimi;
3. i soggetti che sono tenuti a notificare al
Garante l’esistenza di banche dati devono indicare fra le modalità di
trattamento anche la raccolta di informazioni mediante apparecchiature
di videosorveglianza;
4. i cittadini devono essere informati, in maniera
chiara anche se sintetica, della presenza di telecamere e dei diritti
che possono esercitare sui propri dati, tanto più se le apparecchiature
non sono immediatamente visibili;
5. per il controllo a distanza dei lavoratori rimangono comunque validi i divieti e le garanzie previsti dallo Statuto dei lavoratori;
6. i dati raccolti devono essere quelli
strettamente necessari agli scopi perseguiti: vanno pertanto registrate
solo le immagini indispensabili, va limitato l’angolo visuale delle
riprese, vanno evitate immagini dettagliate o ingrandite e, di
conseguenza, vanno stabilite in maniera adeguata la localizzazione delle
telecamere e le modalità di ripresa;
7. va stabilito con precisione entro quanto tempo
le immagini devono essere cancellate e occorre prevedere la loro
conservazione solo in relazione a illeciti che si siano verificati o a
indagini giudiziarie o di polizia;
8. vanno individuate, con designazione scritta, le
persone che possono utilizzare gli impianti e prendere visione delle
registrazioni e deve essere vietato l’accesso alle immagini ad altri
soggetti, salvo che si tratti di indagini giudiziarie o di polizia;
9. i dati raccolti per determinati fini (ad esempio
sicurezza, tutela del patrimonio) non possono essere utilizzati per
finalità diverse o ulteriori (ad esempio per pubblicità, analisi dei
comportamenti di consumo), fatte salve le esigenze di polizia o di
giustizia e non possono essere diffusi o comunicati a terzi;
10. le immagini registrate per la rilevazione degli
accessi dei veicoli ai centri storici devono rispettare l’apposito
regolamento (D.P.R. 250/1999) ed essere conservate per il solo periodo
necessario alla contestazione delle infrazioni.
Il Garante, nell’emanare questo decalogo ha anche ritenuto
importante precisare che le indicazioni fornite non riguardano gli
impianti di videosorveglianza finalizzati esclusivamente alla sicurezza
individuale (ad esempio il controllo dell’accesso alla propria
abitazione).
Questi impianti, ove perseguano effettivamente tale scopo, non
rientrano nell’ambito di applicazione della legge sulla riservatezza
essendo il trattamento effettuato a fini personali.
Tuttavia vanno comunque rispettati alcuni obblighi: le riprese
devono essere limitate al solo spazio antistante tali accessi, evitando
forme di videosorveglianza su aree circostanti che potrebbero limitare
la libertà altrui. Le informazioni raccolte, inoltre, non devono essere
comunicate o diffuse ad altri.
Rispondiamo alle vostre domande
La
redazione e l’Avvocato Davide Rossi invita i lettori ad inviare quesiti
su temi specifici ai quali daremo risposta direttamente selezionando
alcuni casi emblematici da pubblicare sulle pagine della rivista per
poter condividere queste esperienze ed identificare, ove possibile,
alcune linee interpretative uniformi su temi che potrebbero essere
controversi.
Scrivete a:
info@sistemi-integrati.net
davide.rossi@rossilawfirm.eu
oppure
inviate lettere (qualora vi siano allegati di verbali, fotocopie o altro) all’indirizzo di Studio:
Avv. Davide Giulio Rossi
Via Senofonte 4/A
20145 Milano
A cura di Davide Rossi, Avvocato